IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato,  mediante  lettura  alla  pubblica  udienza,  la
  seguente ordinanza.

                              F a t t o

    Con  decreto  del g.u.p. in sede del 4 marzo 1999 Ietto Petrolina
  e'  stata  rinviata  al giudizio di questo tribunale per rispondere
  del reato di cui all'imputazione.
    All'udienza  odierna,  ad  istruttoria  dibattimentale inoltrata,
  veniva  citato  e  si  presentava  dinanzi  al  collegio, Allegrini
  Antonello, persona ex art. 210 c.p.p., il quale - alla presenza del
  proprio  difensore  d'ufficio e prima che ne iniziasse l'esame ed a
  fronte  dell'espresso  avvertimento di legge - affermava di volersi
  avvalere della facolta' di non rispondere.
    Conseguentemente, il p.m. - difettando l'accordo dell'altra parte
  alla   lettura   dei   verbali   delle   dichiarazioni   gia'  rese
  dall'Allegrini  -  chiedeva  di  contestare  al  predetto  il  loro
  contenuto,    onde   consentirne   -   a   stregua   del   disposto
  dell'art. 513.2  c.p.p.,  come integrato dalla sentenza Corte cost.
  n. 361/98 - l'acquisizione al fascicolo del dibattimento.
    Il  difensore  si opponeva, assumendo che alla richiesta del p.m.
  fosse  d'ostacolo, impedendo l'applicazione dell'art. 513.2 c.p.p.,
  l'immediata  operativita'  dei  principi di cui all'art. 111 Cost.,
  recentemente novellato.
    Il p.m. insisteva nella propria richiesta.

                            D i r i t t o

    Il  tribunale,  sciogliendo la superiore riserva, ritiene doversi
  porre d'ufficio il problema se il meccanismo processuale, collegato
  alla  richiesta  del  p.m.,  sia - a seguito dell'entrata in vigore
  della legge cost. 23 novembre 1999, n. 2, ancora in sintonia con il
  dettato del nuovo testo dell'art. 111 Cost.
    Osserva,  pertanto  che  la  richiesta  del  p.m.  di  contestare
  all'Allegrini le dichiarazioni da lui precedentemente rese, si basa
  sulla norma dell'art. 513.2 c.p.p.
    Detta  norma,  come  noto,  e' il frutto di un complesso excursus
  caratterizzato    dalla   stratificazione   di   piu'   interventi,
  accavallatisi  sull'originario disposto, e del giudice delle leggi,
  e del legislatore ordinario.
    Invero,  la  Corte  costituzionale,  con  la  sentenza n. 254 del
  3 giugno  1992,  dichiaro' l'illegittimita' della norma nella parte
  in  cui  non prevedeva che il giudice, sentite le parti, disponesse
  la  lettura  dei  verbali  delle  dichiarazioni  rese dalle persone
  indicate  nell'art. 210  c.p.p.,  qualora queste si fossero avvalse
  della facolta' di non rispondere.
    A  seguito  ed  in  applicazione di tale decisione, la successiva
  sentenza  n. 60  del  24 febbraio  1995  dichiaro' l'illegittimita'
  della  norma anche nella parte in cui non prevedeva la possibilita'
  di lettura delle dichiarazioni rese alla p.g. delegata dal p.m.
    Gli  interventi  della Corte furono giustificati dall'esigenza di
  evitare  la  dispersione  di dati probatori forniti durante la fase
  delle indagini preliminari.
    Su tale conteso opero', quindi, il legislatore.
    Approvando  la legge 7 agosto 1997 n. 267, stabili' che, nel caso
  in  cui  le  persone  indicate  nell'art. 210 c.p.p. si avvalessero
  della  facolta'  di  non  rispondere, l'utilizzabilita' dei verbali
  delle  dichiarazioni  da  loro  gia' rese nei confronti di soggetti
  diversi  fosse  condizionata  all'accordo  delle  parti,  salva  la
  sopravvenuta ed imprevedibile irripetibilita' dell'atto.
    Su    detta   disciplina   intervenne   nuovamente   il   giudice
  costituzionale.
    Pronunciando   la   sentenza   2 novembre  1998,  n. 361,  sanci'
  l'illegittimita'  dell'art. 513.2,  ultimo  periodo, nella parte in
  cui  non prevedeva che qualora il dichiarante rifiutasse o comunque
  omettesse in tutto o in parte di rispondere su fatti concernenti la
  responsabilita'  di  altri,  gia'  oggetto delle proprie precedenti
  dichiarazioni,  in mancanza dell'accordo delle parti, si applicasse
  l'art. 500, commi 2-bis e 4 c.p.p.
    Secondo  la  Corte, appariva privo di ragionevole giustificazione
  assoggettare  l'utilizzabilita' delle precedenti dichiarazioni alla
  scelta  assolutamente  discrezionale e potestativa dell'imputato in
  procedimento  connesso  di  rispondere  in  dibattimento  su  fatti
  concernenti  la  responsabilita' di altri, dopo che lo stesso - pur
  avendo  avuta  la  facolta'  di  non rispondere - aveva ritenuto di
  rendere dichiarazioni etero-accusatorie.
    Ancora,  la  Corte  giudicava  irragionevole  che  la  scelta del
  dichiarante  si combinasse con la prevedibile mancanza dell'accordo
  di   tutte  le  parti  alla  lettura,  in  particolare,  di  quella
  interessata  ad  impedire  l'acquisizione e l'utilizzazione di tali
  dichiarazioni;    sosteneva    che   la   mancata   previsione   di
  contestazioni,   in   caso  di  esercizio  della  facolta'  di  non
  rispondere,  precludesse  in  modo  assoluto la possibilita' di far
  rientrare le precedenti dichiarazioni fra il materiale suscettibile
  di valutazione probatoria.
    Su  questo  complesso  dato  normativo, e' di recente intervenuto
  nuovamente   il   legislatore,  questa  volta  costituzionale,  per
  introdurre  nella  Carta  fondamentale  i  principi del c.d. giusto
  processo,  fra  cui  quello  stabilente  il  diritto  dell'imputato
  (recte, del suo difensore) di interrogare il proprio accusatore.
    E' stato cosi' novellato, con l'art. 1 della legge costituzionale
  23 novembre 1999 n. 2 (Inserimento dei principi del giusto processo
  nell'art. 111   della   Costituzione),   l'art. 111   della   Carta
  costituzionale.
    I  primi  commi  di  detto  articolo  hanno ora - a seguito della
  novellazione - il seguente tenore:
        La   giurisdizione  si  attua  mediante  il  giusto  processo
  regolato  dalla  legge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio
  tra  le parti, in condizione di parita', davanti a giudice terzo ed
  imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.
        Nel  processo  penale,  la  legge  assicura  che  la  persona
  accusata di un reato sia, nel piu' breve tempo possibile, informata
  riservatamente  della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo
  carico;  disponga  del  tempo  e  delle  condizioni  necessari  per
  preparare  la  sua  difesa; abbia la facolta' davanti al giudice di
  interrogare   o   di   far   interrogare  le  persone  che  rendono
  dichiarazioni   a   suo  carico,  di  ottenere  la  convocazione  e
  l'interrogatorio  di  persone  a sua difesa nella stesse condizioni
  dell'accusa  e  l'acquisizione  di  ogni altro mezzo di prova a suo
  favore; sia assistita da un interprete se non comprende o non parla
  la lingua impiegata nel processo.
        Il   processo   penale   e'   regolato   dal   principio  del
  contraddittorio  nella  formazione  della  prova.  La  colpevolezza
  dell'imputato  non  puo' essere provata sulla base di dichiarazioni
  rese  da  chi,  per  libera  scelta,  si  e' sempre volontariamente
  sottratto  all'interrogatorio  da  parte  dell'imputato  o  del suo
  difensore.
        La  legge  regola i casi in cui la formazione della prova non
  ha  luogo  in  contraddittorio  per  consenso  dell'imputato  o per
  accertata  impossibilita'  di  natura  oggettiva  o  per effetto di
  provata condotta illecita.
    L'art. 2 di detta legge costituzionale ha, poi, previsto che:
        la  legge  regola l'applicazione dei principi contenuti nella
  presente  legge costituzionale ai procedimenti penali in corso alla
  data della sua entra in vigore.
    Sennonche',  non  essendo il legislatore ordinario stato in grado
  di  arrivare alla conclusione dell'iniziativa legislativa, prevista
  da detto art. 2, prima dell'entrata in vigore della stessa legge di
  riforma  costituzionale  (cosi' e' dato evincere dalla relazione al
  provvedimento  d'urgenza),  il  Governo ha emanato il decreto-legge
  n. 2/2000  (Disposizioni urgenti per l'attuazione dell'art. 2 della
  legge  costituzionale  23 novembre 1999, n. 2, in materia di giusto
  processo),  il  cui testo - giusta le modifiche portate dalla legge
  di conversione 25 febbraio 2000, n. 35 - e' il seguente:
        Articolo 1: - Fino alla data di entrata in vigore della legge
  che disciplina l'attuazione dell'art. 111 della Costituzione, cosi'
  come  modificato dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2,
  ed  in  applicazione  dell'art. 2 della stessa legge, i principi di
  cui all'art. 111 della Costituzione si applicano ai procedimenti in
  corso salvo le regole contenute nei commi successivi.
        Le  dichiarazioni rese nel corso dell'indagine preliminare da
  chi,  per  libera  scelta,  si  e' sempre volontariamente sottratto
  all'esame dell'imputato o del suo difensore, sono valutate, se gia'
  acquisite  al  fascicolo  per  il  dibattimento,  solo  se  la loro
  attendibilita'  e' confermata da altri elementi di prova, assunti o
  formati con diverse modalita'.
        Le  dichiarazioni  possono  essere  comunque valutate quando,
  sulla  base  di  elementi  concreti, verificati in contraddittorio,
  risulta  che  la  persona e' stata sottoposta a violenza, minaccia,
  offerta  o  promessa  di  danaro  o  di altra utilita' affinche' si
  sottragga all'esame.
        Alle    dichiarazioni   acquisite   al   fascicolo   per   il
  dibattimento, e gia' valutate ai fini delle decisioni, si applicano
  nel  giudizio  innanzi  alla  Corte  di  cassazione le disposizioni
  vigenti  in  materia  di  valutazione  della prova al momento della
  decisione stessa.
        Nell'udienza  preliminare  dei  processi  penali in corso nei
  confronti  di  imputato  minorenne, il giudice, se ritiene di poter
  decidere   allo   stato   degli   atti,  informa  l'imputato  della
  possibilita'  di  consentire  che  il procedimento a suo carico sia
  definito in quella fase.
        Le  disposizioni  dei  commi precedenti si applicano anche ai
  procedimenti  che  proseguono  con le norme del codice di procedura
  penale anteriormente vigenti.
    Osserva   il   collegio   che   la  norma  processuale  ordinaria
  dell'art. 513.2  c.p.p., oggetto della richiesta - sopra richiamata
  -  del  p.m.,  non  e'  compresa  nella  previsione della riportata
  disciplina  urgente  per l'attuazione della legge costituzionale in
  materia  di  giusto  processo,  e  pertanto  essa, oltre che essere
  rimasta immutata, e' senz'altro attualmente vigente.
    Ma la possibilita' di utilizzare le dichiarazioni rese da persona
  imputata  in  procedimento  connesso  (art. 210  c.p.p.),  che  sia
  avvalsa   della   facolta'   di   non   rispondere,  nei  confronti
  dell'attuale  imputata, che non ha prestato assenso, e' esclusa dal
  su   richiamato,   comma 4  dell'art. 111  Cost.,  il  quale,  vale
  ripetere, sancisce che:
        Il   processo   penale   e'   regolato   dal   principio  del
  contraddittorio  nella  formazione  della  prova.  La  colpevolezza
  dell'imputato  non  puo' essere provata sulla base di dichiarazioni
  rese  da  chi,  per  libera  scelta,  si  e' sempre volontariamente
  sottratto  all'interrogatorio  da  parte  dell'imputato  o  del suo
  difensore.
    Orbene,  i  principi  stabiliti in detta norma costituzionale non
  possono non trovare immediata applicazione al caso all'esame.
    Invero,  pur  essendo il presente procedimento in corso alla data
  di  entrata in vigore di essa, e' indubitabile che le dichiarazioni
  dell'Allegrini [che si e' avvalso della facolta' di non rispondere,
  e  si e' quindi (anche) sottratto all'esame dell'imputato o del suo
  difensore]  non  siano  state  gia'  acquisiste  al  fascicolo  del
  dibattimento  (art. 1.2 d.l. n. 2/2000, come convertito dalla legge
  25 febbraio 2000, n. 35).
    Ne  consegue  che,  nella  specie,  non  opera l'eccezione di cui
  all'ultima  parte  del  comma 1  del  citato  articolo  unico della
  normativa   urgente   d'attuazione:  vale,  tout  court,  la  legge
  costituzionale.
    E  poiche',  come  noto, la legge costituzionale sopravvenuta non
  abroga,  facendole  decadere  automaticamente, le norme processuali
  ordinarie  che  le  si  pongono  in  contrasto, ma in tal caso deve
  essere  attivato  lo  scrutinio  di  costituzionalita', mediante il
  meccanismo  previsto  dall'art. 23  legge  11 marzo 1953 n. 87, non
  resta  a  questo  collegio  che sollevare d'ufficio la questione di
  legittimita'  costituzionale  dell'art. 513.2  c.p.p., in relazione
  all'art. 111.4 della Costituzione.
    La rilevanza e' evidente.
    Invero,  per  procedere  a  quanto  richiesto  dal  p.m., ed alla
  acquisizione   delle  dichiarazioni  accusatorie  dello  Allegrini,
  occorre  applicare  la  (vigente)  norma  processuale in predicato,
  sospetta di incostituzionalita'.
    Pertanto,  solo la soluzione della questione da parte del giudice
  delle   leggi,   con  l'eventuale  declaratoria  di  illegittimita'
  costituzionale  della normativa indicata, eviterebbe al collegio di
  prendere in considerazione la domanda del requirente e di valutare,
  quindi,  se  dette  dichiarazioni, acquisite mediante il meccanismo
  delle  contestazioni,  siano  utili  a fondare una dichiarazione di
  responsabilita' della prevenuta.
    Ne'  puo'  esser  negato  che  il meccanismo delle contestazioni,
  introdotto  dalla  sentenza n. 361/1998 della Corte costituzionale,
  la  quale  ha  integrato  (anche)  il testo dell'art. 513.2 c.p.p.,
  consentendo  l'acquisizione  al  fascicolo  del  dibattimento delle
  dichiarazioni    rese    da   persone   che   si   sono   sottratte
  all'interrogatorio  da  parte  dell'imputato  o  del suo difensore,
  vulneri  -  in maniera non palesemente inconsistente - il principio
  del contraddittorio nella formazione della prova, oltre che quello,
  secondo  il  quale... La colpevolezza dell'imputato non puo' essere
  provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta,
  si  e' sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte
  dell'imputato o del suo difensore.
    Il  che consente di affermare la sussistenza, nella specie, anche
  del requisito della non manifesta infondatezza della questione.
    Non  ignora,  nondimeno,  il  giudicante  che altro e' acquisire,
  altro  e'  valutare  le  risultanze del materiale probatorio frutto
  dell'acquisizione,  e  che e' stata anche sostenuta la tesi secondo
  cui lo sbarramento per chi giudica, riveniente dalla ripetuta norma
  costituzionale,  andrebbe  identificato  in  detta seconda fase: in
  sostanza,    andrebbero    consentite    le   contestazioni   delle
  dichiarazioni  gia'  rese  dalla persona ex art. 210 c.p.p., ma non
  potrebbero essere utilizzate quelle accusatorie.
    Orbene,  non  v'e'  chi  non  vede  che  in  tal modo operando si
  porrebbe  in essere, quando si tratti di dichiarazioni di contenuto
  accusatorio  (nel presupposto che soltanto la colpevolezza non puo'
  essere  provata  sulla  base  di dichiarazioni rese da chi... si e'
  sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio dell'imputato o
  del  suo  difensore),  una  attivita'  sicuramente  superflua,  con
  evidenze  violazione  del  principio di buon andamento che, a norma
  dell'art. 97   Cost.,   opera  sicuramente  anche  con  riferimento
  all'amministrazione della giustizia.